Quando i maestri vetrai scrivevano la storia (con le mani sporche di sabbia e fuoco)
C’era una volta, in un piccolo paese della Liguria, una comunità di artigiani che con il vetro ci sapeva fare davvero. Altare, provincia di Savona, era già dal Medioevo una fucina di talento, sudore e meraviglie trasparenti. Ma è nel dicembre del 1856 che qualcosa cambia per sempre: nasce l’Associazione Artistico Vetraria, la prima cooperativa italiana di produzione e lavoro. E no, non è solo una nota a margine nei libri di storia.
È l’inizio di una rivoluzione fatta di mani operose, spirito collettivo e quella cosa oggi un po’ vintage ma sempre potentissima: la solidarietà.
Una scelta coraggiosa (con la benedizione del Natale)
È la notte di Natale del 1856. Mentre fuori tira freddo e si condividono piatti poveri ma pieni d’affetto, 84 maestri vetrai si stringono intorno a un progetto comune: fondare una cooperativa. Non per ideologia, ma per necessità. Il lavoro era precario, i salari bassi, la concorrenza crescente. L’unico modo per resistere era mettersi insieme, fondere le competenze (e il vetro), condividere rischi e profitti.
Con un capitale sociale di 8.256 lire e l’appoggio di alcuni sostenitori locali (tra cui l’avvocato Pietro Lodi), i vetrai acquistano una vecchia fornace e iniziano a produrre. Non più in concorrenza l’uno con l’altro, ma come un unico organismo che lavora per il bene di tutti. Ed è subito futuro.
Altare: un piccolo paese, un grande modello
La Società Artistico Vetraria non era solo un esperimento economico. Era una dichiarazione di intenti. Un modello alternativo al capitalismo individualista che già si stava facendo largo in Europa. I soci erano al tempo stesso lavoratori e proprietari. Nessun padrone, nessuno sfruttatore, solo responsabilità condivisa.
Si producevano bottiglie, bicchieri, flaconi, oggetti d’uso quotidiano ma anche vere e proprie opere d’arte. Il vetro di Altare girava per l’Italia e per l’Europa, testimone silenzioso di un modo diverso di fare impresa: più umano, più giusto, più visionario.
La fine di un ciclo, l’inizio di una leggenda
Come tutte le storie belle, anche questa ha conosciuto il suo inverno. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la concorrenza estera e la produzione industriale automatizzata hanno reso sempre più difficile la sopravvivenza del modello artigianale. Nel 1978, dopo 122 anni di attività, la cooperativa chiude. Ma quello che lascia in eredità è molto più di una fabbrica: è un’idea di comunità che ancora oggi brilla come vetro soffiato alla luce.
Oggi: un museo, una memoria viva
Oggi la storia dell’Associazione Artistico Vetraria rivive nel Museo dell’Arte Vetraria Altarese, ospitato in una splendida villa liberty. Qui, tra forni, strumenti antichi e capolavori di sabbia e fuoco, si può toccare con mano una storia che ha anticipato i tempi e che ancora oggi ispira chi crede in un’economia più equa e cooperativa.
Perché la vera innovazione, a volte, ha più di un secolo di vita e comincia in un piccolo paese, con le mani sporche e il cuore pieno di futuro.